LA CORTE DI APPELLO Ha pronunciato la seguente ordinanza sulla richiesta di riparazione per ingiusta precautela promossa da Zinanni Filippo, nato il 30 luglio 1976 a Pescia ed ivi residente, via degli Orti, 15, richiedente. Premesso: che lo Zinanni e' stato arrestato in flagrante dai Carabinieri della Stazione di Villa Basilicata il 27 luglio 1996, perche' ritenuto responsabile di detenzione di sostanza stupefacente ai fini di spaccio; che il 29 successivo il pubblico ministero di Lucca disponeva l'immediata scarcerazione e che il 18 novembre 1997, su richiesta dello stesso p.m., il giudice per le indagini preliminari presso il tribunale di Lucca disponeva l'archiviazione del caso; che l'ingiusta precautela si era protratta per due giorni e che la riparazione doveva quantificarsi in due milioni di lire, perche' il richiedente era incensurato e la notizia si era diffusa tra conoscenti e vicini; Ritenuto: che il procuratore generale, nel parere del 25 settembre 1997, ha osservato che alla precautela lo Zinanni aveva concorso con colpa grave; che l'Avvocatura dello Stato ha depositato memoria con la quale chiede il rigetto dell'istanza, rimettendosi peraltro alla valutazione di giustizia, considerando che la riparazione non e' un risarcimento; che le parti tutte sono state regolarmente citate ed avvisate per l'udienza camerale del 28 novembre 1997, nella quale hanno discusso in ordine alla richiesta, soffermandosi sulla riparabilita' o meno delle precautele, ed al cui esito la Corte si e' riservata di decidere; Considerato, a scioglimento della riserva: che, in dottrina, si e' osservato che il riferimento alle sole misure di custodia cautelare comporta l'esclusione dalla riparazione di altre ipotesi di ingiusta detenzione, nei cui confronti il silenzio della legge non sembra autorizzare interpretazioni "integrative" (cf. M.G. Coppetta, La riparazione per l'ingiusta detenzione, Padova 1993); che questa esclusione e' stata motivata con riferimento alle differenze funzionali e strutturali tra le misure precautelari (arresto in flagranza e fermo di polizia giudiziaria) e le misure coercitive, come risulterebbe dalla collocazione delle prime nel libro destinato alle indagini preliminari; che la soluzione che ne deriva, e che non risulta riscontrabile in giurisprudenza (la quale non ha avuto occasione di occuparsi della questione), comporta la riparazione della misura coercitiva disposta dal giudice per le indagini preliminari o da altro giudice competente, e l'irreparabilita' della misura cautelare, disposta dalla polizia giudiziaria; che, sul piano oggettivo, la detenzione in carcere e' comune alle misure precautelari ed a quelle cautelari; che, pertanto, l'esclusione della riparazione per l'ingiusta detenzione discrimina in pejus la persona assoggettata a misura precautelare; che tale discriminazione e' manifestamente affetta da disparita' di trattamento e, quindi, che l'art. 314 c.p.p., inteso nel senso di escludere la riparazione dell'ingiusta detenzione da precautela, sembra costituzionalmente illegittimo ai sensi dell'art. 3 della Costituzione o, comunque, che la relativa questione non e manifestamente infondata, tanto che questa Corte la solleva di ufficio; che, inoltre, tale discriminazione sembra violare l'art. 13 della Costituzione, il quale fonda il principio dell'inviolabilita' oggettiva del bene-liberta', bene primario anche secondo la Convenzione europea dei diritti dell'uomo, ratificata dall'Italia; che la questione e' rilevante in causa, perche' l'eventuale esame del contributo causale dell'arrestato in flagranza all'arresto puo' porsi solo dopo aver riconosciuto la riparabilita' della sua ingiusta detenzione in carcere; che il bene-liberta', se violato, deve essere comunque ristorato, anche ai sensi dell'art. 2 della Costituzione, che fissa il fondamentale principio solidaristico; che la precautela, al di la' del problema della responsabilita' o meno della polizia giudiziaria e del potere-dovere imposto al pubblico ministero dall'art. 389.1 c.p.p., lede il diritto oggettivo naturale, premesso dalla Carta costituzionale ai suoi precetti, in quanto autorizza che alter sia leso nel suo primo e fondamentale diritto; che, nel caso concreto, il pubblico ministero aveva esercitato il potere-dovere previsto dall'art. 389.1 c.p.p., in tempi rapidi (quarantotto ore), ma pur sempre idonei a mantenere l'"innocente in ceppi" per due giorni.